Articolo di Valentina Gattuso

L’horror giapponese affonda le sue radici in secoli di folklore, superstizione e ritualità, trasformando la paura in un’esperienza viscerale e psicologica. A differenza dell’horror occidentale, quello giapponese non punta sullo shock visivo ma sull’angoscia silenziosa che cresce lentamente e si insinua nell’inconscio.

Quando parliamo di horror giapponese, come non citare il famosissimo, temutissimo e spaventoso Ring. Un genere, il made in Japan, che si discosta da quello della tradizione europea, dove senza mostrare mai dosi massicce di sangue l’orrore viene sviscerato: si viene divorati dalla paura e colpiti più nell’anima che nel corpo. Dove sentimenti di apprensione e preoccupazione raggiungono livelli di introspezione davvero elevati.

In quel genere di horror ci troviamo a combattere demoni reali: la nostra parte più debole, le nostre fragilità, le nostre solitudini. Numerosi sono i film must, come: Tokyo Ghoul (2017), Best Wishes to All (2023), Kotoko (2011) o Marebito (2004), per citarne alcuni.

Anche nell’ambito letterario, il genere possiede numerosi titoli a riguardo. Il Giappone vanta il podio per narrazioni e racconti di paura. Molte sono infatti le leggende metropolitane legate a fatti di cronaca, unite a folklore popolare, che si tramandano incutendo terrore e paura. Uno tra tutti: La donna dalla lingua tagliata (Kuchisake-onna), oppure Okiku, la bambola posseduta dell’Hokkaido; Hanako-san, la storia dello spirito che infesta i bagni delle scuole; o Kokkuri-san, il gioco che non lascia scampo.

Se volete immergervi nell’horror in ambito letterario, sfogliando pagine di terrore e paura potrete avvicinarvi a questi libri:

La casa impura di Ono Fuyumi, Atmosphere Libri: una curatrice di una collana horror per adolescenti e un condominio a Tokyo, di cui anni prima alcune lettere giunte a lei parlavano, porteranno la curatrice a indagare su fatti particolari che avvenivano nell’immobile…

Dark Water di Koji Suzuki, ed. Nord, una raccolta di racconti dell’orrore, in cui un’anziana signora di nome Kayo li racconta a sua nipote Yuko. Ognuna di queste storie è ispirata da un oggetto trovato dalla nonna nell’acqua, che diventa una protagonista inquietante e scomoda.

La casa della luce di Yoko Ogawa, ed. Il Saggiatore, un decadente e inquietante pensionato studentesco, e il suo proprietario, saranno i protagonisti della sparizione di un giovane ragazzo.

Piercing di Ryu Murakami, dove una serie di eventi, raccapriccianti eppure reali, porteranno la protagonista all’interno della sua anima, esplorandone i sentimenti.

Questi horror, di natura profondamente psicologica, si basano su un principio tutto giapponese: sottrarre anziché mostrare. Perché spesso è proprio nell’ombra, nel non detto, che si annida la paura più autentica. Ed è lì che prendono vita fantasmi, miti e frammenti di folklore, pronti a colpire non gli occhi, ma la mente e l’anima.


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“L’arte di scriver storie sta nel saper tirar fuori da quel nulla che si è capito della vita tutto il resto; ma finita la pagina si riprende la vita e ci s’accorge che quel che si sapeva è proprio un nulla.”

Italo Calvino

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