Il teatro giapponese, erede di una tradizione millenaria, affonda le radici in un mondo dove rituale, poesia e trascendenza si incontrano sotto lo stesso tetto.

Dal più austero  al più effervescente Kabuki, ogni forma teatrale racconta un Giappone unico, dove il gesto diviene parola e la maschera un’apertura sul sacro.

Nō (能): la forma sacra e silenziosa

Il , nato nel XIV secolo, è la forma teatrale più antica ancora praticata. Camminata lenta su tavole di cipresso, maschere di legno sapientemente scolpite, canto ritmico e accompagnamento musicale compongono un rito scenico in cui ogni movimento ha un significato profondo. Nulla è improvvisato, nulla è superfluo.

In scena emergono spiriti, guerrieri defunti, divinità celesti o anime erranti; ma il racconto non è mai diretto: il  evoca, suggerisce, lascia spazio alla meditazione dello spettatore. È un teatro di ombre e sospensioni, dove il tempo stesso si dilata e ogni passo diventa preghiera.

Si cerca l’yūgen (幽玄), la bellezza nascosta, il mistero che abita nelle cose non dette. Lo spettatore, silenzioso e partecipe, è invitato non a guardare, ma a “sentire”, a entrare in comunione con l’essenza invisibile della scena.

Kabuki (歌舞伎): il teatro del popolo elegante

Il Kabuki, nato nel XVII secolo, è invece esplosione di colore, energia e virtuosismo. I suoi gesti sono amplificati, le scene spettacolari, i costumi sgargianti, il trucco teatrale e codificato.

Le sue origini ribelli raccontano di una danzatrice-sacerdotessa, Okuni, che per prima inscenò drammi popolari sulle rive di Kyoto. Con il tempo, il kabuki si codificò, si affinò, ma mantenne il suo spirito popolare: il desiderio di coinvolgere, commuovere, sorprendere.

L’attore kabuki è maestro di trasformazioni: può interpretare sia ruoli maschili che femminili (onnagata), dominando la scena con gesti ampi e pose statiche (mie) di grande impatto visivo. È un teatro che celebra la vita in tutte le sue sfumature: amore, vendetta, eroismo, tragedia, redenzione.

Le differenze tra Nō e Kabuki

ElementoKabuki
OriginiCorte, sacro, aristocraticoPopolare, mercantile, spettacolare
Tempo scenicoLento, meditativo, ritualeRapido, decorativo, emotivo
MaschereMaschere codificate (hannya, onna…)Trucco kumadori, attori onnagata
FunzioneInvocazione, evocazione, sacralitàIntrattenimento, visibilità dell’attore

Teatro Nō

Tradizione e continuità

Il  sopravvive da secoli grazie a famiglie che tramandano oralmente i segreti del mestiere e a una ritualità che ha saputo resistere alla modernità. Oggi è riconosciuto Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità, simbolo di un Giappone profondo, spirituale, meditativo.

Il Kabuki, pur radicato nella tradizione, ha saputo reinventarsi: nuove sceneggiature, effetti teatrali moderni, tournée internazionali. Resta fedele alla propria essenza, ma dialoga con il presente, affascinando nuove generazioni.

Il senso profondo del teatro giapponese

Nel teatro giapponese, più che altrove, il significato risiede nella forma. Non conta soltanto cosa si racconta, ma come lo si racconta: il ritmo, il silenzio, il colore, la postura. Il gesto è poesia, la parola è suono, il corpo è simbolo.

Il  ci invita alla contemplazione, alla sospensione, a una comprensione lenta e silenziosa.
Il Kabuki ci trascina nella meraviglia, nell’arte della finzione che rivela il vero.

In entrambi vive lo stesso spirito: quello dell’arte che non intrattiene soltanto, ma trasforma, che non distrae, ma risveglia.

Come scrive Lafcadio Hearn nel suo Kokoro, “ogni gesto nel teatro giapponese è un patto col sacro”. Così, chi assiste a una rappresentazione di  o Kabuki non è solo spettatore, ma testimone di una tradizione viva che ancora oggi, sotto le luci dei riflettori, sussurra la voce del tempo.

📚 Per chi desidera approfondire:

🔹 Arte, teatro e religione nell’antico Giappone – Guglielmo De Riseis (Luni Editrice)
Un saggio che esplora la dimensione sacra e performativa del teatro giapponese, in equilibrio tra estetica e spiritualità.

🔹 Kokoro. Il cuore della vita giapponese – Lafcadio Hearn (Luni Editrice)
Un viaggio poetico nel sentire profondo del Giappone tradizionale, dove ogni gesto — anche teatrale — è carico di significato invisibile.

🔹 Amori e cortigiane del Mondo Fluttuante – Ihara Saikaku (Luni Editrice)
Affresco raffinato dell’epoca Edo, fondamentale per comprendere la sensibilità estetica alla base anche del teatro Kabuki.

🔹 Vita di Musashi. Il più grande guerriero della storia del Giappone – Kenji Tokitsu (Luni Editrice)
Il rapporto tra il corpo, la forma e il gesto nella disciplina del samurai è una chiave di lettura anche per il teatro Nō.

🔹 Giappone perduto. Viaggio di un italiano nell’ultimo Giappone feudale – Enrico H. Giglioli (Luni Editrice)
Un resoconto prezioso e diretto che include osservazioni sul teatro e le cerimonie del Giappone dell’Ottocento.

Fonte dell’articolo sito web Luni Editrice


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