a cura di Maria Laura Zazza

Esiste davvero qualcosa di meglio del momento in cui scopri che puoi godere l’attimo? È con questa domanda, semplice solo in apparenza, che Chiara Maria Bergamaschi torna in libreria con Rallenta e godi (Provaci ancora Bill editore, 2025), un titolo di cui vi parliamo oggi e che suona come un invito rivolto a chi corre troppo o sente di essersi perso per strada.

Questa volta, però, la Bergamaschi ci sorprende: abbandona la forma del romanzo, a cui noi lettori eravamo affezionati, per consegnare un libro inaspettato, capace di unire il sapore di un ricettario filosofico alle atmosfere intime del memoir e della riflessione interiore. Il risultato? Un viaggio caldo e genuino, che profuma di casa, ricordi e stoviglie che tintinnano mentre la vita, quella vera, si lascia finalmente toccare.

Tutto nasce da una domanda che l’autrice confessa di essersi posta nei momenti più ingarbugliati: quando tutto sembra un caos, come si trova un varco per respirare? La risposta, inattesa e sorprendentemente semplice l’ha trovata nei gesti umili della cucina, trasformata in una forma di arte terapia. Perché sì: impastare, affettare, mescolare non riempie solo lo stomaco, riempie soprattutto l’anima.

È in questo percorso di ascolto e riappropriazione di sé che la Bergamaschi ci ricorda quanto sia fondamentale fermarsi, prendersi una pausa, rallentare, osservare il mondo intorno a sé e dentro di sé: è qui che nasce la vera cura.

Quando non ci ascoltiamo, ogni volta che cerchiamo di ignorare i segnali che ci invia il cervello, la nostra funzionalità rallenta e ci sentiamo più stanchi, diventiamo più irritabili e funzioniamo peggio.

E dall’attenzione al presente nasce la magia di godere ogni attimo. Come scrive l’autrice con una delicatezza che diventa quasi guida: Il nostro tempo vola e credo che dobbiamo imparare a godere ogni attimo con lo stupore della prima volta e la meraviglia dell’attimo impensato. Non è solo un consiglio, è la colonna sonora del libro, il filo poetico che lega ricette, ricordi e riflessioni. Una dichiarazione di intenti che ci invita a riscoprire la sacralità lieve di ogni istante, quella bellezza quotidiana che troppo spesso ci sfugge.

Ed è proprio intrecciando ricette e aneddoti personali che la Bergamaschi accompagna il lettore in un percorso sensoriale irresistibile: dalle lasagne della nonna Lucia, che sanno di domeniche lente e mani sapienti, all’orto di famiglia sempre pronto a offrire verdure genuine; fino ai piatti che l’autrice stessa prepara per toccare con mano la serenità e scatenare quella scintilla emotiva che solo il cibo buono e semplice riesce a far vibrare.

Il libro si legge con piacere e scorre con naturalezza grazie alla scrittura avvolgente dell’autrice, capace di far percepire i profumi e i sapori di ogni ricetta come se fossero proprio davanti a noi. Ogni pagina diventa un assaggio e una riflessione: leggere di ingredienti semplici, di gesti quotidiani e di ricordi legati al cibo suscita sensazioni di conforto e familiarità, come quando si assapora una pietanza che ricorda la propria infanzia.

La lettura è un piacere per la capacità della Bergamaschi di trasformare ogni ricetta in una piccola meditazione: il procedimento dei piatti diventa narrazione, gli ingredienti si animano e le note di cucina si intrecciano con riflessioni sulla vita, creando un’esperienza multisensoriale. Leggere Rallenta e godi è come entrare in una cucina calda e accogliente, dove i profumi evocano ricordi, emozioni e la gioia dei piccoli gesti quotidiani.

Il volume è anche una piccola dispensa di curiosità: incantevole, ad esempio, il capitolo dedicato a tè, tisane e caffè, un microcosmo aromatico che diventa pretesto per esplorare storie, tradizioni e piccole curiosità.

Ma Rallenta e godi è soprattutto un invito gentile: un promemoria della necessità di rallentare, riconnettersi alla natura, ritrovare delizia nelle cose che già abbiamo. Camminare, meditare, cucinare, tre gesti semplici che diventano veri e propri elisir di presenza.

Camminare, in particolare, favorisce la riflessione e l’elaborazione dei pensieri, stimolando l’interiorizzazione e la riscoperta di sé, come scrive l’autrice. Camminare non è solo movimento, è dialogo con la propria mente, ascolto del respiro e del mondo intorno a noi. Perché la tranquillità non va cercata in luoghi remoti: spesso è lì, a pochi passi da casa, nascosta in un parco, in un sentiero familiare, in una tazza fumante preparata con calma. 

E a chiudere questa esperienza sensoriale e riflessiva, la Bergamaschi ci offre una verità che sembra quasi una filosofia di vita:

La camminata e l’arte culinaria potremmo usarli come un buon metodo per trovare una dimensione intima e fare una riflessione filosofica sul nostro essere e sul senso della nostra esistenza alla ricerca del miglioramento personale.

Rallentare, ascoltarsi, assaporare ogni gesto quotidiano, soprattutto il più semplice, diventa un modo per comprendere meglio se stessi e la vita. Il nuovo libro di Chiara Maria Bergamaschi è un’opera che nutre in tutti i sensi. Che accarezza. Che profuma di ricordi e di cucina, come un piatto preparato con cura. Che ricorda, con dolce fermezza, che la quiete è davvero “a portata di mano”, basta solo imparare a rallentare… e godere.

Intervista con l’autrice Chiara Maria Bergamaschi

L’idea è nata lo scorso inverno, dopo essermi diplomata ad un corso di coaching per la gestione dello stress, sono scaturite in me alcune riflessioni e in primavera l’idea aveva preso forma. E’ una scrittura differente, più intima, carica di ricordi e pensieri ma, proprio per questo motivo, ho traccheggiato all’idea di pubblicarlo. Ho voluto capire se fosse interessante anche per altre persone. Ho consultato i miei “beta reader” e la casa editrice: sono stati tutti entusiasti del lavoro. E’ così che mi sono decisa a condividere le mie riflessioni, che unite alle ricette, ha preso la forma del ricettario.

Abbiamo necessità assoluta di carezze curative in un mondo dove, a causa della frenesia, non c’è più l’assiduità allo scambio interpersonale come accadeva in passato. Ovviamente non voglio essere una nostalgica ma riflettendo sui nostri cambiamenti ho intravisto la necessità di fare cose buone per noi stessi e per chi ci vive accanto. Succede così che, curandoci intimamente, impariamo ad amarci di più, a valutare giustamente la cura e l’amore che gli altri ci riservano. In particolare, nella nostra cucina siamo aiutati dalla varietà di sapori che possono regalare il sapore di un vecchio ricordo ma soprattutto la possibilità di far nascere una nuova esperienza che diventa arricchimento.  Poiché dentro noi stessi sappiamo che le nuove emozioni scaturiscono anche dai piccoli gesti.

E’ stato esattamente nel momento in cui ho capito che dovevo ritrovare la mia profondità, tralasciando la corsa continua verso il risultato a cui ero spinta. Siamo tutti sommersi da un mare di segnali che vorrebbero farci correre come se la frenesia di avere tutto con facilità o di bruciare le tappe potesse essere la soluzione per tutto. Non dovremmo mai dimenticare che è giusto fare cose che ci piacciono e non cose che potrebbero accontentare chi, pur amandoci, cerca di spingerci nella direzione opposta alla nostra essenza. Non sempre le persone che pensano di amarci sanno comprendere i nostri reali bisogni: dobbiamo essere noi a comprendere ciò di cui necessitiamo e trovare il modo per realizzarci.

Sicuramente la ricetta è quella della “pasta e patate”. Fu una scoperta avvenuta negli Novanta che mi ha dato una visione un po’ differente di una cosa semplice come cucinare un tubero. Le patate, che tutti quanti ben conosciamo, ci hanno sempre accompagnato nei menù, ma cucinare pasta e patate, curando ingredienti così semplici facendo attenzione a non rovinarli lo considero un buon esercizio di pazienza. Solo dopo aver cucinato si apprezza meglio ciò che si ha nel piatto. Dovrebbe essere così con tutto e io consiglio di imparare l’arte culinaria poiché “siamo ciò mangiamo” ma essere ciò che abbiamo faticato a cucinare, credo sia nettamente meglio.

Ho imparato tanto; innanzitutto la possibilità di rilassarmi a modo mio. Poi ho capito quanto sia meraviglioso poter camminare nella natura: un boschetto, un percorso lungo un fiume o vicino al mare. Ci sono bellezze fuori e dentro di noi che dobbiamo imparare ad apprezzare. La vita è un po’ come una passeggiata: dobbiamo sentirci tranquilli del nostro cammino, sicuri di ciò che facciamo e solo dopo aver fatto esperienza potremo anche trovare la forza di affrontare nuovi percorsi. E’ stato davvero soddisfacente comprendere quante cose si possono fare in totale autonomia; poi ho saputo apprezzare ancora meglio la possibilità di farle in compagnia.

C’è un piccolo boschetto con delle sorgive che da alcuni anni è diventato rifugio per piccoli rapaci. Un’oasi protetta dietro casa non è cosa da poco e per tanti anni non ci sono andata, fagocitata dagli impegni lavorativi e familiari. Oggi sono ben lieta di farla scoprire anche agli amici che vengono in visita, sono felice di poter mostrare qualcosa di bello, naturale e gratuito. Un’altra cosa che apprezzo moltissimo è potermi godere una tazza di thè o una tisana seduta nella tranquillità casalinga, anche per pochi minuti. Troppo spesso non capiamo il senso delle cose se non comportano un dispendio economico e credo sia bello poter riflettere anche su questo.


Scopri di più da VOCI DI DOMANI

Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.

“L’arte di scriver storie sta nel saper tirar fuori da quel nulla che si è capito della vita tutto il resto; ma finita la pagina si riprende la vita e ci s’accorge che quel che si sapeva è proprio un nulla.”

Italo Calvino

Vocididomani.com