Ci sono libri che non hanno bisogno di alzare la voce per farsi sentire, eppure riescono a smuovere dentro di noi qualcosa di profondo, forse dimenticato. Una stanza per Momoko di Chisako Wakatake è uno di quei rari romanzi che parlano al cuore con una dolcezza silenziosa e disarmante, e che una volta entrati nell’anima non se ne vanno più. Non sorprende che abbia conquistato oltre un milione di lettori e ricevuto il prestigioso Premio Akutagawa e il Premio Bungei: è una storia semplice ma universale, che tocca corde che ci appartengono tutti.
Questo libro ha il dono di raccontare la verità della vita: non quella fatta di grandi eventi, ma quella che scorre sottopelle, fatta di attese, rinunce silenziose, piccoli sogni messi da parte per amore o per necessità. È la vita di Momoko, una donna anziana, sola, che abita una casa ormai troppo grande e troppo silenziosa, dove ogni oggetto ha memoria, ogni stanza custodisce un’eco del passato.
Non riusciva a dormire, ma neppure ad alzarsi.
Già di prima mattina si ritrovava in un vicolo cieco,
mentre la domanda «Mi devo alzare oppure no?»
minacciava di trasformarsi in «Che senso ha vivere?».
Convinta che lasciarsi andare sarebbe stato dannoso, doveva fare qualcosa per impedire che accadesse, fermare il corso dei suoi pensieri, non lasciar precipitare il suo umore neanche di un centimetro. Ben presto le veniva voglia di andare in bagno, ma le sembrava di avere ancora un po’ di spazio nella vescica, così si costringeva a resistere.
Fino a che un giorno Momoko sentì dire, ne era
certa: Dai, scuotiti!
La solitudine, in questo racconto così delicato, non è solo mancanza: è anche spazio nuovo, tempo ritrovato, soglia da attraversare. In quella stanza tutta per sé, che non è solo un luogo fisico, ma uno spazio dell’anima, Momoko si guarda indietro. Ripercorre la sua esistenza, gli anni trascorsi a prendersi cura degli altri, a costruire intorno all’amore e alla famiglia un’intera identità. Rivede la giovane donna che sognava Tokyo e un futuro da afferrare a mani nude, poi la moglie, la madre, la donna che ha saputo farsi da parte, con grazia, senza far rumore.
Non c’è amarezza nel suo sguardo, non c’è rabbia né rimpianto. Solo una dolce, struggente nostalgia. Una consapevolezza che arriva piano, come la luce del mattino che filtra dalle tende: chi sono adesso? E chi potrei ancora diventare, se decidessi di rimettermi al centro della mia vita?
La scrittura di Chisako Wakatake è pura poesia quotidiana: essenziale, senza orpelli, capace di penetrare in profondità. È una voce che ascolta e che accompagna senza giudicare. Con infinita delicatezza, l’autrice ci guida nel mondo interiore di una donna qualunque, e proprio per questo, straordinariamente vicina a ciascuno di noi.
In Momoko si riflettono le tante donne che hanno vissuto per gli altri, che hanno amato con dedizione silenziosa, che hanno creduto che il tempo per sé fosse un lusso da rimandare. Eppure, questo romanzo ci insegna che non esiste un’età sbagliata per ricominciare, che si può rinascere anche dopo una vita intera. Che la felicità non è un treno da prendere in corsa ma una possibilità che ritorna, se abbiamo il coraggio di aprirle la porta.
Una stanza per Momoko è un invito gentile a guardarci dentro, a far pace con il nostro passato, e a chiederci, senza paura, che cosa possiamo ancora desiderare. È un libro che si legge in silenzio, magari con una tazza di tè e una mano poggiata al petto. Un libro che consola, che accarezza le nostre nostalgie e le trasforma in nuova forza.
Un libro che resta. Come una voce amata che continua a parlarci, anche quando la pagina è finita.
