Milano, città di traslochi e cuori in subaffitto. Fanny e Pietro, coppia glamour dell’editoria, cambiano casa come si cambiano le lenzuola: spesso e con poca soddisfazione. Cercano la dimora perfetta, ma qualcosa – o qualcuno – sembra mettersi sempre di traverso. Stanze troppo silenziose, corridoi che scricchiolano più del dovuto, e un’agenzia immobiliare dal nome poco rassicurante: Dimore Perdute. Tra una medium che legge i tarocchi e una misteriosa agente che spunta quando meno te l’aspetti, la caccia all’appartamento diventa un viaggio surreale tra passato e presente, vivi e (forse) non così vivi. Quattro inquilini e un funerale è una commedia grottesca punteggiata di ironia, malinconia e fantasmi con molto carattere. Perché la casa dei sogni, a volte, è solo un modo elegante per non accettare che siamo già… altrove.
Il titolo è già un film in sé: Quattro inquilini e un funerale. Com’è nata questa idea? È arrivato prima il titolo, il fantasma o l’agenzia immobiliare inquietante?
Quattro inquilini e un funerale” è nato da una domanda che mi ha tormentato per un po’: perché i fantasmi devono sempre essere figure terrificanti, appesantite dal loro passato? Ho iniziato a esplorare l’idea di fantasmi più… “casalinghi”, che vivono le loro dinamiche quotidiane. La scintilla è arrivata da un fantasma “storico” che ho studiato per caso. Da lì, ho capito che volevo creare una commedia grottesca. A dire il vero, sono nati prima i personaggi – due coppie molto diverse che condividono uno spazio improbabile – e solo dopo un lungo processo è arrivato il titolo giusto. Ho cambiato idea almeno sei volte prima di arrivare a “Quattro inquilini e un funerale”, che cattura perfettamente lo spirito del romanzo.
Presentaci i protagonisti del libro, che tipo di personaggi sono e quale è il dettaglio che li rende unici?
I protagonisti sono due coppie che, a prima vista, non potrebbero essere più diverse: una di vivi e una di fantasmi. I vivi sono due persone molto pragmatiche, in cerca della casa perfetta, ma con un passato che li ha resi un po’ scettici. I fantasmi, invece, hanno personalità forti, molto “umane” e sono costretti a coabitare con i nuovi arrivati, tra litigi, malintesi e momenti di pura comicità. Il bello è che non è sempre chiaro chi sia “più vivo” tra di loro, e questa ambiguità è il cuore del romanzo. Sono tutti, a loro modo, dei “casinisti”, ma la loro unicità sta proprio nel modo in cui le loro esistenze, o non-esistenze, si scontrano in un caos delizioso.
Hai messo insieme il grottesco, il surreale, l’ironia e pure qualche fantasma con personalità da vendere. Come si costruisce un cocktail del genere senza farlo esplodere e che atmosfera devono aspettarsi i lettori?
È stato come preparare un cocktail in cui ogni ingrediente ha una sua personalità ben definita. La sfida è stata dosare bene l’ironia e il grottesco senza che diventassero eccessivi, mantenendo una trama scorrevole. Ho lavorato molto sul ritmo, sui dialoghi serrati e sulle situazioni surreali, per far sì che i personaggi si muovessero “oltre le righe”, come se stessero recitando su un palcoscenico. Il lettore deve aspettarsi un’atmosfera leggera ma intelligente, un po’ bizzarra, dove si può ridere di gusto ma anche riflettere su temi come la convivenza e il concetto di casa.
La casa è spesso metafora dell’identità, del rifugio, del passato che non ci lascia. Nel tuo romanzo, cosa rappresenta idealmente la “caccia all’appartamento” perfetto che i protagonisti inseguono senza sosta?
La ricerca della casa perfetta nel romanzo è molto più di una semplice “caccia”. Rappresenta il bisogno primordiale, presente in ogni essere, vivo o meno, di trovare il proprio posto nel mondo. Per i protagonisti, la casa non è solo un rifugio fisico, ma un luogo di identità, un riflesso di ciò che sono e di ciò che cercano. Che sia un posto sicuro dove mettere radici o uno spazio dove finalmente poter “essere” senza nascondersi, la casa è l’oggetto deldesiderio che spinge tutti i personaggi a interagire e scontrarsi, creando il cuore pulsante della storia.
Hai scritto per la carta e per lo schermo, navigando tra storie e dialoghi con disinvoltura: come si è evoluta la tua scrittura nel tempo?
La mia scrittura si è evoluta cercando un equilibrio tra leggerezza e introspezione. Sebbene i miei lavori precedenti avessero un tono più serio, ho scoperto che l’ironia e il grottesco sono strumenti potenti per affrontare domande complesse. “Quattro inquilini e un funerale” mantiene la mia “firma” narrativa, che è la ricerca e le domande sull’essere, ma lo fa con un sorriso. È un romanzo che, pur essendo divertente, ti porta a riflettere su cosa significa davvero vivere, o non vivere, in un mondo in continuo mutamento. È il mio modo per esplorare la profondità umana attraverso la lente della commedia, cosa che non avevo mai fatto prima in modo così evidente.
Una volta chiusa l’ultima pagina, cosa ti piacerebbe rimanesse al lettore? E già che ci siamo: ci dai tre buoni motivi per cui dovremmo leggere il tuo libro subito, tipo entro domani?
Mi piacerebbe che ai lettori rimanesse una sensazione di gioia, la consapevolezza che anche nelle situazioni più strane si può trovare un lato divertente. Spero che il libro possa dare un po’ di respiro e leggerezza, senza per questo essere banale. Per quanto riguarda i tre buoni motivi, direi:È una commedia insolita: se siete stanchi delle solite storie, qui troverete un umorismo fresco, dialoghi surreali e personaggi indimenticabili. Vi farà ridere e riflettere: dietro le risate si nascondono temi importanti come il concetto di famiglia, la ricerca di un senso e il superamento delle proprie paure. È scritto con il cuore: ho riso tanto scrivendolo e ho versato in queste pagine tutta la mia passione. Spero che questa energia arrivi a chi lo legge, lasciando un sorriso e una sensazione di benessere.


Devi effettuare l'accesso per postare un commento.