Uno più uno uguale zero (Edizioni Dialoghi, 2025) di Antonio Crezzini ci guida in un viaggio introspettivo e struggente nei meandri della solitudine contemporanea, ponendo sotto la lente l’incomunicabilità, l’alienazione emotiva e la fragilità delle relazioni umane. Un esordio che sorprende per profondità tematica e coerenza narrativa, pur nella sua apparente semplicità strutturale.

Antonio Crezzini, nato a Chiusi (Siena), informatico di professione, ma con il cuore diviso tra i romanzi di Dostoevskij, i film disturbanti di Fincher e le chitarre ruvide dei Foo Fighters, si rivela in queste pagine uno scrittore attento all’animo umano, un osservatore lucido e tagliente delle dinamiche sociali e affettive dell’uomo moderno. La sua formazione tecnica si stempera in una prosa fluida e musicale in questo libro dai toni introspettivi e onirici. L’autore mostra un controllo narrativo interessante per un esordiente e soprattutto la capacità di trasmettere empatia e malinconia senza cadere nella commiserazione.

Il protagonista è Arturo che vive ingabbiato in una routine opprimente fatta di uffici asettici, colleghi ostili e morbosamente curiosi, una casa silenziosa e vuota. La sua esistenza, scandita da un’alternanza ripetitiva di giorni lavorativi e pranzi domenicali diventa la tela su cui Crezzini dipinge il ritratto di una generazione disillusa, emotivamente isolata, dove persino il tentativo di creare connessioni autentiche sembra destinato al fallimento. Arturo è appena uscito da una lunga relazione con Elena e il suo presente è popolato da ricordi, rimpianti e interrogativi che riaffiorano attraverso una narrazione costruita minuziosamente su flashback e momenti sospesi tra passato e presente.

Il cuore del romanzo è proprio questa intermittenza temporale: le settimane si mescolano vuote e prive di significato e Arturo resta al centro come un punto fermo in mezzo al caos. Il lettore viene trascinato in un flusso di coscienza dolente e realistico in cui ogni gesto quotidiano si carica di simboli e riflessioni. La relazione con Elena è il fulcro emotivo del libro e Crezzini è bravo a delinearne le sfumature, evitando semplificazioni o cliché. Non ci sono buoni o cattivi in questa storia, solo due esseri umani incapaci di incastrarsi davvero, nonostante l’affetto e il desiderio di farcela.

Desiderava annegare quel sentimento di solitudine a ogni bracciata, ma ogni colpo contro l’acqua riportava alla superficie emozioni sepolte. Nuotando, vedeva il riflesso del volto di Elena nell’acqua. L’immagine di lei fluttuava tra le onde create dalle bracciate regolari, una presenza eterea che emergeva come un ricordo vivido.  

Attorno ad Arturo si muovono figure secondarie altrettanto emblematiche: Roberto e Alice, avvolti in una tensione latente, e ancora Bruno, Dario, Monica e Claudio, colleghi immersi in un clima di gelosia e arrivismo che finisce per avvelenare l’intero ambiente lavorativo, e compromettere le relazioni. Attraverso la loro presenza l’autore esplora le dinamiche tossiche che spesso si instaurano nei luoghi di lavoro, ma anche nelle amicizie, dove l’apparenza, l’ambizione personale e il pettegolezzo soffocano ogni forma di autenticità e cooperazione. L’ufficio e i pranzi domenicali fra colleghi diventano così un microcosmo del mondo esterno, dove i rapporti interpersonali si degradano, rispecchiando la stessa fragilità delle relazioni affettive che Arturo vive nella sua vita privata. Le relazioni sono tratteggiate dall’autore con uno sguardo amaro e lucido: superficiali, opportunistiche, raramente superano la barriera dell’apparenza.

Arturo aveva già sperimentato troppe sconfitte. I suoi demoni interiori ogni tanto glielo ricordavano. Sentiva di essere solo, smarrito nel limbo tra commiserazione e derisione. La sua aria malinconica e cupa sembrava destinata a diventare presto il nuovo bersaglio da sbeffeggiare tra i corridoi dell’ufficio, proprio come già accadeva per alcuni suoi colleghi.

Uno degli elementi più interessanti del libro è l’uso della musica come colonna sonora emotiva. I richiami musicali sono costanti, scelti con cura: ciascuna canzone diventa un tassello della memoria o un riflesso dello stato d’animo di Arturo, ne accompagnano l’inquietudine esistenziale, sottolineando i momenti di rottura, le epifanie interiori, le cadute. È una scelta stilistica che arricchisce la lettura, rendendola più immersiva, quasi cinematografica.

“Arturo sorrise, lasciando che la nostalgia della canzone lo avvolgesse. Era come una coperta rassicurante, che bilanciava quel senso di estraneità che provava anche quando era in compagnia”.

Dal punto di vista stilistico, Crezzini opta per una scrittura pulita dalla voce introspettiva. C’è una delicatezza di fondo nella sua prosa, una sensibilità che si percepisce tra le righe, e che rende la lettura immersiva e profonda. L’effetto è quello di una spirale emotiva: il lettore viene coinvolto nei pensieri di Arturo fino a riconoscersi nelle sue domande, nei suoi fallimenti, nella sua fatica di vivere in un mondo che sembra aver dimenticato il valore della connessione autentica e delle relazioni sane.

Il titolo del romanzo, Uno più uno uguale zero, è quindi una provocazione; in un mondo in cui l’unione dovrebbe creare forza, Crezzini suggerisce che spesso avviene l’opposto: due solitudini non sempre fanno una compagnia e a volte le relazioni sono solo un modo più doloroso per ritrovarsi soli. La formula che dà il titolo al libro è una sintesi potentemente evocativa: in un’epoca in cui l’individualismo è esasperato, persino l’amore o l’amicizia possono diventare un’esperienza fallimentare, svuotata di significato.

 Uno più uno uguale zero, cominciò a valutare che quella formula matematica potesse avere senso anche nella vita di tutti i giorni. Nelle relazioni, come nel lavoro, forse c’era un senso di inevitabile annichilimento. Affannarsi inutilmente per costruire qualcosa che non rimarrà, scenari dove in realtà la somma annulla gli addendi.

Il finale inaspettato non offre una soluzione. Non c’è redenzione facile, non c’è lieto fine costruito ad arte c’è però una lenta presa di coscienza che è forse l’unico passo possibile e positivo verso un futuro diverso e una riappropriazione di sé, un ritorno da quel senso di alienazione che accompagna le relazioni svuotate.

Uno più uno uguale zero è un romanzo che lavora in profondità, come una goccia che scava nella pietra. È un libro che si legge velocemente, che resta dentro, perché in fondo parla di tutti noi: delle nostre relazioni complicate, dei nostri silenzi, delle nostre maschere sociali, o forse della paura di essere davvero visti.

In un panorama editoriale spesso affollato da opere urlate e cariche di artifici, l’esordio di Antonio Crezzini si distingue per la sua autenticità e per il coraggio di mettere al centro il silenzio, la fragilità. Un debutto che lascia il segno e che fa ben sperare per i prossimi passi di un autore da tenere d’occhio.


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“L’arte di scriver storie sta nel saper tirar fuori da quel nulla che si è capito della vita tutto il resto; ma finita la pagina si riprende la vita e ci s’accorge che quel che si sapeva è proprio un nulla.”

Italo Calvino

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