Romanzo d’esordio di grande impatto, Edengrado di Enrico Canali è un varco emotivo, un viaggio sensoriale e psicologico che diventa un’esperienza immersiva, intensa, viscerale. Nato a Roma nel 1991, Enrico Canali, dopo aver completato gli studi superiori e conseguito una laurea in Fisica, si arruola nell’Aeronautica Militare, dove attualmente presta servizio. Alla solida formazione scientifica – nutrita da una profonda passione per astronomia, fisica e biologia – affianca un sentito interesse per le discipline umanistiche, e proprio dalla fusione di queste due anime nasce la forza profonda del suo primo libro, capace di tenere insieme rigore e visione, struttura e sensibilità.

Già in questa prima opera l’autore dimostra una sorprendente maturità narrativa, dando vita a una storia che colpisce per la sua profondità tematica, la ricchezza stilistica e la capacità di trascinare il lettore in un mondo tanto alienante quanto familiare. In questo urban fantasy distopico, Enrico Canali costruisce un mondo claustrofobico dove la città stessa  Edengrado si fa specchio dell’anima dei suoi abitanti, e in particolare del personaggio Eden.

Edengrado è una metropoli spietata, tagliata nel marmo e nel ghiaccio, dove la rigidità dell’architettura riflette la durezza di un sistema sociale diviso in cinque classi e dove ogni strada, ogni tetto innevato, ogni lampione dalla luce fievole diventa simbolo di un’esistenza repressa, alienata, soffocata.

Eden è uno degli “invisibili”, un ragazzo che non trova una sua dimensione nel mondo, uno spettatore silenzioso di una vita che si ripete con monotonia, priva di colore, emozione, calore. Tutto cambia il giorno in cui, nel giorno del suo compleanno, riceve in dono una spilla: un oggetto apparentemente piccolo, ma capace di scardinare ogni certezza. È in quel momento che la narrazione si apre come un abisso e si trasforma in un viaggio oscuro e affascinante all’interno dell’anima di Eden e dei suoi amici Judas, Cordelia, Kairaliv e Innocenzio, ragazzi provenienti da caste sociali diverse ma legati da un’identica dolorosa sensazione di estraneità. Quel dono sarà la chiave che porterà alla luce verità sommerse e cambierà tutto.

La città di Edengrado, divisa in classi rigide e oppressive, è dominata da senatori freddi e spietati, che impongono leggi e punizioni crudeli nel nome della tradizione. È un mondo che premia la forma e uccide la sostanza. Con descrizioni suggestive, l’autore plasma questo universo immaginario, rendendolo tangibile e immersivo, ma ciò che rende Edengrado un libro davvero unico è la sua anima: perché non si tratta solo di un racconto fantasy, ma è prima di tutto una profonda riflessione sulla condizione umana.

Il romanzo affronta con forza e sensibilità temi come la solitudine, la diversità, la salute mentale, le diseguaglianze sociali, il disagio giovanile, la ricerca della propria identità, la fragilità esistenziale. E, soprattutto, ci conduce alla scoperta di una delle verità più profonde:

il senso della vita risiede nei legami. Non nel potere, non nel controllo, non nel privilegio, ma nella capacità di generare connessioni, di trasmettere vita attraverso il tempo e attraverso le relazioni. È solo quando le persone iniziano a guardarsi negli occhi, a riconoscere l’altro come simile e al tempo stesso irriducibilmente diverso, che nasce l’amore autentico, quello che abbatte le differenze e dissolve i confini sociali.

Canali ci mostra come l’uguaglianza non significhi omologazione, ma rispetto profondo per la complessità dell’altro. È proprio la differenza di ciascuno a costituire la vera ricchezza: ogni personaggio, con la propria ferita e la propria voce, combatte una battaglia personale, dove l’unione non cancella le singolarità ma le esalta, trasformando la fragilità in forza e la distanza in connessione. L’autore ci invita a riconoscere la meravigliosa complessità della vita che nasce dall’unione delle differenze, in un equilibrio che è tanto precario quanto autentico.

Lo stile di Canali, ricco e aulico, si presta perfettamente alla narrazione in prima persona, che permette al lettore di penetrare nei pensieri più intimi di Eden e di vivere con lui la progressiva scoperta di sé e del mondo che lo circonda. Ogni luogo, ogni evento, ogni oggetto – dalla spilla, al negozio surreale della signora Margherita, al maestoso castello dei Ténébres, fino agli scontri nelle sale del Senato – si carica di simbolismo e diventa un portale verso la trasformazione. Gli stessi personaggi sono tridimensionali, veri, delineati con una sensibilità straordinaria, ognuno portatore di un dolore personale e universale.

Pur nella sua mole imponente, Edengrado è un romanzo che si legge con fluidità, grazie a una scrittura raffinata e scorrevole, mai ridondante. Canali ha il dono di riuscire a descrivere tanto gli spazi fisici quanto quelli interiori con la stessa intensità: le sue parole riescono a evocare paesaggi desolati e anime tormentate con precisione, lasciando il lettore sospeso tra inquietudine e meraviglia.

Nonostante le atmosfere siano spesso cupe e angoscianti, il romanzo non rinuncia alla speranza: nel ghiaccio più duro, sotto la cenere delle bugie, la verità continua a pulsare, pronta a farsi luce.

Edengrado è un’opera complessa, stratificata, che si lascia leggere ma anche meditare, e che invita il lettore a interrogarsi sul mondo, sulle relazioni, sulla verità, su sé stessi. Un romanzo profondo e coraggioso, che affronta il buio senza paura, ma con la consapevolezza che proprio lì, nell’ombra più densa, si nasconde la possibilità di una rinascita.

Intervista all’autore Enrico Canali

Le immagini. Niente è più evocativo di una immagine, forse solo un suono, un brivido, un sussurro, ma le immagini hanno il potere di rendere tangibile e reale anche l’inafferrabilità dell’inconscio. Proiettano direttamente l’immaginario nel costrutto fisico e ci permettono di vedere cose che altrimenti sarebbero solo nella nostra testa. Per poter esprimere con concretezza e trasmettere le sensazioni romanzate che sono state mie durante tutti questi anni di vita, gioie, sconfitte, dubbi, pensieri, sogni, speranze, e renderle partecipi di tutti, ho fortemente voluto che queste diventassero immagini di un mondo tutto a se, la città di Edengrado, descritta fin nei minimi particolari, con minuziosi dettagli descrittivi e sensoriali, che aiutassero il lettore a immergersi completamente all’interno di una realtà che trascendesse il mero piano esplorativo e sconfinasse in quello semi-onirico, quasi etereo, dove le emozioni, i misteri, le volontà e i sogni di un ragazzo, divenissero vere e proprie forme quanto più reali possibili, come palazzi, situazioni e perché no… anche persone.

Questo ragazzo è solo una parte della storia di questo libro e non lo chiamo “protagonista” perché tutti i personaggi all’interno di questo libro sono i protagonisti della sua vita. Ognuno di loro lascia qualcosa dentro di lui, cosi come nella vita di tutti i giorni è impossibile distinguere chi di noi è il vero protagonista della vita di ogni altro. Ognuno di noi è un’ombra che lascia una traccia invisibile nell’anima delle persone a noi vicine, e cosi Eden, che oltre ad essere anima e ombra è anche un “invisibile”,  uno di quelli che nella vita si rende conto di non riuscire ad appartenere a niente, a non essere niente, a non trovare una strada in un mondo che non sembra volerlo vedere, lottando ogni giorno anche solo per sentire di “esistere” in un vuoto intangibile: una società di cui non si cura nemmeno della sua esistenza. Ma è proprio grazie alle persone a noi vicine, che si trova la strada per smettere di “non esistere” e cosi come Eden, di cominciare finalmente a “essere”, perché senza l’esistenza di amici o famigliari, molto semplicemente, non saremo niente.  

Ambiguità, dicotomia, facce di una stessa medaglia, possiamo chiamarle come vogliamo, ma la realtà è che il concetto di luce/ombra, bene/male, verità e bugia, oscillano sempre negli occhi di chi li guarda, coesistendo perfettamente, intrecciandosi e confondendosi nella mente delle persone. Tali identità per quanto pure e concrete nel loro insieme non sono che un gioco nelle vite dei protagonisti di Edengrado, e perché no, anche nelle nostre, e ci sentiamo sperduti nel tentativo di rincorrerle per cercare anche solo di afferrare il limite dove finisce l’una e dove inizia l’altra, perché senza di esse, senza capire il vero senso di tutto, della “giustezza” del nostro cammino in questo mondo, non potremo realizzarci nelle nostre azioni, ma soprattutto, nel nostro modo di “essere”. Edengrado, cosi come la nostra vita, è questo: una bilancia che oscilla, dove a volte, non siamo noi a distribuire i pesi del bene e del male, ne i giudici, ma solo i condannati.

Ognuno dei personaggi, a modo suo, introduce e intreccia un tema importante nella vita di Eden, anche solo una sfumatura della realtà e della società. Lezioni di vita, consigli, o sconfitte che impartiscono al “protagonista” della storia preziosi insegnamenti e nuove visioni su di un mondo che si renderà conto di essere molto più complesso, variegato e macabro, di quanto si fosse mai aspettato. Nel romanzo mi sono permesso di introdurre temi comuni della vita di tutti i giorni, e temi non comuni, magari più complessi, di quelli che quando arrivi a fine serata lasciano con il cuore in gola o con la mente incollata a pensieri fugaci e profondi. Alcune di queste sono la famiglia, gli amici, il rispetto, l’amore, ma anche temi sociali più complessi come la disparità sociale, il senso della nostra crescita e del nostro cammino su questo mondo, solitudine, la lotta tra il bene e il male, e cosa significhi esattamente il concetto di “giustizia”.

L’ispirazione per creare una città talmente complessa, ricca ma originale come Edengrado, caratterizzata da un alone di mistero che aleggia su ogni cosa, dal non conosciuto, dai pericoli dietro ogni angolo, e da un profondo senso di inaspettato, nasce dalla più grande delle fonti ispiratrici per uno scrittore: “La Vita”. Mi permetto di scriverla in maiuscolo per un profondo senso di rispetto verso quella che per me è una entità vera e propria, che ci insegna, ci castiga e ci punisce nel nostro cammino su questa terra ricca di sorprese, gioie e sofferenze. Ogni esperienza vissuta mi è stata da fonte ispiratrice, ogni delusione o vittoria mi è servita per aiutarmi nella mia crescita come persona, e romanzando tutti i tratti significativi di ciò che ha significato la mia esistenza, ho costruito ed edificato una forma tangibile, una metafora della mia vita, una città, Edengrado, dove inserire all’interno le vere e proprie strutture allegoriche  più significative di quello che sono stato, vissuto, e di quello che non ho mai potuto fare, con tutti i dolori, le angosce, vittorie e gioie, che mi hanno plasmato nella persona sono.

Non è un urgenza, è un vero e proprio bisogno, è un forza che nasce da dentro che caratterizza ogni scrittore o ogni persona che si sente di “dover” scrivere qualcosa e che non riesce più a tener dentro. Quando scriviamo qualcosa, in realtà, noi non inventiamo niente: riportiamo semplicemente tutto quello che è già presente dentro di noi, e quando sentiamo che questa essenza, questa entità o questa sostanza di creazione è pronta e matura, allo possiamo permetterci di farla uscire nel mondo esterno e di riportarla sotto forma di un libro, storie e personaggi. Ho sentito tutto questo quando ero adolescente, sapevo di dover iniziare a scrivere, ma sentivo allo stesso tempo di non essere pronto per finire la storia che avevo iniziato, “Non avevo vissuto abbastanza” mi ripetevo fra me e me, e cosi attesi lunghissimi anni prima di poter riprendere quel racconto che poi divenne il romanzo di cui stiamo parlando. Fu una attesa di quindici anni.


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“L’arte di scriver storie sta nel saper tirar fuori da quel nulla che si è capito della vita tutto il resto; ma finita la pagina si riprende la vita e ci s’accorge che quel che si sapeva è proprio un nulla.”

Italo Calvino

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