Tutti conoscevano l’uomo dalle scarpe gialle, presenza eccentrica nel quartiere di Borgofelice. Ma nessuno conosceva davvero Stefano. Artista solitario, trincerato dietro tele, musica e la compagnia della sua fedele barboncina Alice, Stefano ha accuratamente costruito un mondo al riparo dalle emozioni. La sua routine viene però incrinata dall’arrivo di Sara, la nuova libraia dallo sguardo attento e dalla gentile insistenza, capace di vedere oltre la superficie. Tra gli scaffali della piccola libreria, tra caffè condivisi e parole non dette, nasce un legame delicato e inaspettato. Un legame che costringe Stefano a confrontarsi con i fantasmi di un passato doloroso e con la paura di lasciarsi andare di nuovo. Riuscirà a fidarsi, a superare la differenza d’età e le ombre che lo perseguitano? Una storia toccante sul coraggio di abbattere i propri muri, sulla forza curativa delle seconde possibilità e sulla scoperta che l’amore può arrivare proprio quando si smette di cercarlo, magari nascosto in un sasso a forma di cuore.

Buongiorno Stefano, cosa l’ha motivata a scrivere e condividere questa storia, e cosa racconta la copertina ai lettori, ancor prima di aprire il libro?
Non si tratta di un’autobiografia, ma di un romanzo ispirato da emozioni universali: l’amore che ci salva, la paura di sbagliare, il bisogno di riscoprirsi. Ho creato un personaggio che cammina su un filo teso tra leggerezza e vertigine. La copertina – con quelle scarpe gialle – è un invito a entrare in una storia che fa sorridere e riflettere, con uno stile ironico, sensuale e malinconico.
Stefano è un uomo complesso, diviso tra la sensibilità dell’artista e le ferite dell’uomo: in che modo l’arte si è fatta strumento di elaborazione o rifugio?
Per Stefano l’arte non è una professione, è un istinto di sopravvivenza. Dipinge e scrive per non implodere, per dare forma al disordine che sente dentro. L’arte diventa il luogo dove può essere fragile senza vergognarsi. Non è un mio alter ego, ma un personaggio che incarna quella tensione creativa tra dolore e bellezza, tra bisogno di esprimersi e necessità di nascondersi.
L’incontro con Sara rappresenta una frattura nella routine emotiva di Stefano ma anche una possibilità di apertura: come ha costruito la dinamica tra loro due e cosa rende autentico il loro legame?
Ho voluto raccontare un amore adulto, non addomesticato. Due persone che non cercano di cambiarsi, ma imparano a capirsi. La differenza d’età, le loro paure, le ferite: tutto diventa parte della danza. Sara non salva Stefano, ma gli offre la possibilità di mostrarsi per quello che è. E lui, per la prima volta, non scappa. Credo che questo li renda veri e credibili.
Quali riflessioni sull’amore, sulle possibilità o sul tempo ha maturato durante la scrittura del libro?
Scrivendo, ho riflettuto su quanto sia difficile lasciarsi andare quando si è già vissuto tanto. Il tempo ci insegna a proteggere il cuore, ma l’amore chiede il contrario: esporsi. Nel libro c’è questa tensione costante tra il desiderio di lasciarsi amare e la paura di farlo. Forse il vero coraggio, oggi, è credere che possiamo ancora stupirci e lasciarci trasformare.
Cosa spera che resti nel cuore di chi si immerge in Il signore dalle scarpe gialle?
Vorrei che restasse la sensazione di aver incontrato un personaggio che sembra inventato… ma che potresti incontrare domani al bar, in libreria, o allo specchio. Mi piacerebbe che il lettore trovasse conforto, ironia e un piccolo spunto per guardarsi dentro. E magari il coraggio di camminare – almeno per un po’ – con scarpe vistose e l’anima leggera.
Come definirebbe la sua identità di scrittore? E se dovesse indicare tre buone ragioni per leggere il suo romanzo?
Non mi sento uno scrittore nel senso classico. Sono un narratore disordinato, uno che scrive per cercare ordine nei sentimenti. Tre motivi per leggere il libro? Primo: perché racconta l’amore con leggerezza e verità. Secondo: perché ogni pagina è un invito a sentirsi meno soli. Terzo: perché sotto le scarpe gialle si nasconde un cuore che pulsa, come il nostro.

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