Tra profumi di erbe e segreti del passato, Francesca Costenaro ci conduce in un viaggio rivelatore tra la Londra vittoriana e le lontane terre della Malesia. Con La piccola bottega delle erbe (Giunti Editore, 2025), l’autrice ci regala una storia intensa, dove il potere della memoria, dell’amicizia e della libertà femminile si intreccia con l’amore e il mistero.

Al centro della narrazione, una giovane donna fuori dal tempo, Sophie Belford, che rifiuta le convenzioni sociali e sogna una vita libera, guidata da un amore viscerale per le piante e una strana nostalgia per luoghi mai visitati. In una Londra del 1881 tanto affascinante quanto costrittiva, l’incontro con Jane Godwin, un’emancipata erborista, e con Simon Bridge, diventerà per la giovane protagonista il punto di partenza per un percorso di guarigione che va oltre il potere curativo delle erbe.

Tra atmosfere evocative e una scrittura capace di restituire luce anche alle ombre, Costenaro tesse una storia che cura l’anima. L’abbiamo incontrata per farci raccontare il cuore di questo romanzo, il lavoro di ricerca dietro le quinte e la visione dell’universo femminile che attraversa ogni pagina.

La mia fantasia viaggia a mille all’ora, soprattutto lavora molto per immagini. Pensa che l’ispirazione l’ho avuta durante una camminata tra alcuni campi di lavanda qui a Marostica dove il genio del proprietario aveva messo una panchina viola con l’insegna ‘Viola bacia tutti’. Io mi sono seduta su quella panchina e ho pensato: ‘Quanto bello sarebbe poter parlare con qualcuno del proprio turbamento in un luogo di pace?’ Se aggiungiamo che adoro l’epoca vittoriana, ho preso carta e penna e ho ideato una bottega magica con una bottegaia capace di ascoltare, seduti su due poltrone e una tisana calda tra le mani.

Il tema dell’indipendenza femminile mi sta molto a cuore. Mia mamma è casalinga, ha avuto 5 figli e mi ha sempre detto che dovevo vivere con le mie gambe, lavorare e mantenermi. Aveva ragione. Le donne sono sempre state sminuite, nelle critiche, nel salario, per come si vestono, se si truccano, per ciò che dicono. Questa cultura che ci portiamo dietro è anche causa di tutto l’orrore che sta accadendo con i femminicidi e pensieri deliranti di sottomissione. Io credo che la donna sia meravigliosa, ha una capacità di resilienza e una forza di rinascita pazzesca. Le donne che vogliono bene alle donne, non mi riferisco all’identità sessuale, saprebbero cavarsela ovunque.

Il tema del viaggio è fondamentale perché la vita è un vero e proprio percorso. Qualche volta qualcuno rifiuta di intraprenderlo, qualcun altro lo fa con entusiasmo ma in entrambi i casi, lo scorrere del tempo ci fa mutare e ci trasforma. Il viaggio è di relazioni ma anche interiore, perché tutto arriva all’interno e plasma. Inoltre, il viaggio in due mondi tanto diversi (Oriente e Occidente), è voluto per ricordare il contrasto, per chiedersi cosa c’è di bello e di meno bello in entrambi i luoghi. Il viaggio dei protagonisti parte con un tipo di mentalità, ma si conclude con un intreccio di un’altra mentalità fino a creare un pensiero unico, bilanciato, che fonde due culture diverse. Soprattutto, ho voluto anche ricordare la colonizzazione brutale che l’Occidente ha perpetuato nei confronti di popoli più deboli. Ho fatto diverse esperienze sociali in molti paesi e sono ancora evidenti i segni della colonizzazione.

Devo dire di aver studiato tantissimo, ma non sono stati erbe e infusi a complicare le cose: mio suocero è giardiniere e avevo almeno tre manuali di ricette per ogni dolore. Ho avuto maggior difficoltà a comprendere la formalità dell’epoca vittoriana, per cui, per fortuna, ho studiato con un’esperta del periodo. Sembra banale ma qualsiasi movimento ha richiesto studio e rigore, ho sforato nella ribellione di Sophie, rendendola un personaggio più vicino ai giorni nostri ma all’epoca un comportamento come il suo sarebbe stato inaccettabile-

‘Volere è potere’, in sintesi, questa potrebbe essere la frase che più si avvicina al tema principale perché racchiude la resistenza al cambiamento o il contrapposto desiderio di slegarsi da convenzioni sociali limitanti. Il coraggio di buttarsi, slegarsi da limiti mentali (es. Simon alla fine). E poi c’è il tema del ‘privilegio che ognuno di noi ha, di decidere con chi aprirsi veramente’ perché non è facile mostrare tutto ciò che siamo per paura di non essere accettati con le nostre fragilità.

Per quanto riguarda il processo di scrittura, alla fine ho scoperto di avere una penna delicata e di riuscire a dire cose profonde in un testo leggero, di quelli che si leggono in relax.

Semplicemente colori e uno stato d’animo che ti fa dire: ‘sì, mi sono sentito bene!’


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“L’arte di scriver storie sta nel saper tirar fuori da quel nulla che si è capito della vita tutto il resto; ma finita la pagina si riprende la vita e ci s’accorge che quel che si sapeva è proprio un nulla.”

Italo Calvino

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