San Maledetto del Tronto, Claudio Palestini, Capponi Editore 2025, 264 pp.

Nel ribattezzare San Benedetto come “San Maledetto del Tronto” c’è un gesto affettuoso o un “atto d’accusa” e che cosa rappresenta per lei questa città, e perché era necessario deformarne il nome per raccontarla davvero?

Ognuno di noi ha un rapporto di amore e odio con la propria città natale. “San Maledetto del Tronto” è, in fondo, una dichiarazione di appartenenza a San Benedetto del Tronto, alla città, alla sua gente, alle sue passioni. Ma allo stesso tempo, agli occhi di un ragazzino di dodici anni nel 1994, poteva essere anche una città chiusa, provinciale ed impietosa. Ecco perché la necessità di cambiare, in maniera bonaria ma provocatoria, il nome. Credo che il protagonista, Valerio, e gli altri personaggi sentano entrambe queste cose: affetto e insofferenza. Spero che questa tensione emotiva sia percepibile tra le righe del romanzo.

Valerio arriva da Roma e sembra parlare una lingua diversa rispetto a quella del luogo che lo ospita. Chi è davvero questo ragazzo “fuori posto”, e in che modo il suo spaesamento racconta qualcosa di più grande, magari generazionale?

Il mio editore, Domenico Capponi, mi ha detto una volta una frase profetica: il primo romanzo di qualsiasi scrittore è quasi sempre autobiografico. Il protagonista, Valerio, non fa eccezione. Ma in realtà, lui è un misto tra me e un mio carissimo amico, il vero Valerio. La sua storia personale è il filo narrativo del romanzo: lui nasce a Roma e si trasferisce a dieci anni a “San Maledetto del Tronto”, intraprendendo un percorso pre-adolescenziale che è anche il mio. Valerio, quindi, ha inevitabilmente i tratti di un’intera generazione. Quella generazione nata tra la fine degli anni settanta e l’inizio degli anni ottanta. Una generazione che non ha neanche una definizione precisa: spesso viene chiamata Xennials, perché si trova a cavallo tra la Generazione X e i Millennials. Una generazione nata analogica, ma cresciuta con i primi gadget digitali (come il lettore cd, ad esempio); una generazione pervasa dal cinismo e dal nichilismo del grunge della Generazione X, ma anche con l’apertura mentale della globalizzazione, tipica dei Millennials.

Gli adulti nel romanzo sembrano figure sfocate, spesso goffe o smarrite. È lo sguardo di un adolescente a renderli così, oppure voleva suggerire che anche i grandi, in fondo, sono eterni irrisolti?

Il romanzo racconta la realtà filtrata dallo sguardo di un ragazzino. E in questo sguardo, gli adulti appaiono spesso sfocati, oscuri, incomprensibili. Il ricordo ha questa caratteristica: sfuma i contorni, ne ingigantisce alcuni, ne cancella altri. È una prospettiva parziale, ma proprio per questo autentica. Valerio interagisce con gli adulti, ma è attratto ancora di più dai ragazzi più grandi di lui: i ragazzi e, soprattutto, le ragazze delle superiori. Loro sono il suo punto di riferimento, il ponte verso un mondo ancora poco conosciuto.

Ogni romanzo ha le sue trincee e le sue discese libere. Qual è stato il punto in cui ha dovuto lottare con la scrittura e qual è, invece, il passaggio che è sgorgato senza fatica, come se si fosse scritto da solo?

“San Maledetto del Tronto” è un libro che avevo dentro da tanto tempo, ma che non era mai riuscito a trovare una forma. Poi, durante le vacanze natalizie tra il 2023 e il 2024 ho incontrato vecchi amici e, attraverso i ricordi e le discussioni, ho avuto l’illuminazione. È da queste conversazioni che l’impeto per il romanzo è nato: a quel punto la scrittura è venuta fuori senza fatica. Ho scritto il romanzo tra gennaio e settembre 2024, con un’immediatezza e una facilità che mi hanno totalmente sorpreso.

Se potesse lasciare una scheggia emotiva nel lettore, qualcosa che resti sotto pelle anche dopo l’ultima pagina, quale sarebbe?

Questo è un romanzo su un momento storico, di passaggio, individuale e collettivo. Per Valerio, è un passaggio dalla capitale alla provincia. Dalla pre-adolescenza all’età adulta. Dalla scuola media alle superiori. Per “San Maledetto del Tronto” e per l’Italia più in generale, il 1994 è il passaggio dalla prima repubblica alla seconda. Dal locale al globale. Il 1994 è l’anno dei mondiali, per la prima volta, oltreoceano. Di Michael Jordan che abbandona il basket, lasciando una schiera di ragazzini fanatici completamente orfani e senza parole. Tutto cambia: a scuola, a “San Maledetto del Tronto”, nel mondo. E Valerio, sente la sua realtà troppo stretta in mezzo a questo turbinio.


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“L’arte di scriver storie sta nel saper tirar fuori da quel nulla che si è capito della vita tutto il resto; ma finita la pagina si riprende la vita e ci s’accorge che quel che si sapeva è proprio un nulla.”

Italo Calvino

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