
Io, il bambino di San Patrignano, Marcello Patricola, 288 pagine.
Marcellino, così lo chiamano, entra nella Comunità di San Patrignano a soli tredici anni. È Vincenzo Muccioli in persona a scendere a Palermo per portarlo con sé nella grande famiglia di Sanpa. La vita in Comunità permetterà a Marcellino di uscire dalla droga, ma le tentazioni sono dietro l’angolo e fuggirà, per essere poi ripreso, fino all’epilogo, inaspettato e commovente di una rinascita che avverrà attraverso prove dolorose.
Questa storia, commovente e a tratti ironica, è raccontata in prima persona dal protagonista che per Muccioli resterà sempre e solo il bambino di San Patrignano.
Marcello Patricola è nato a Palermo. Conosciuto in tutta Italia come il bambino di San Patrignano, ha combattuto la sua battaglia contro la tossicodipendenza e ne è uscito vincitore. Tornato a vivere in Sicilia, oggi lavora come pasticcere nell’alta ristorazione e collabora con varie realtà sociali in aiuto alle persone più fragili. Ha trovato nella scrittura lo strumento per stare bene in un viaggio interiore volto alla scoperta di se stesso.
Voci di domani incontra Marcello Patricola per parlare del suo libro Io, il bambino di San Patrignano.
Buongiorno Marcello, nel suo libro, parla di un’esperienza difficile e dolorosa, la tossicodipendenza, che ha vissuto a soli 13 anni. Cosa l’ha spinta a condividere una parte così profonda della sua vita?
Il periodo trascorso negli anni 90” è un ricordo molto doloroso per me! Vedere il cimitero di San Patrignano riempirsi di ragazzi, per una brutta malattia, dopo essere usciti dalla dipendenza, è stato qualcosa che mi ha segnato profondamente. Oggi, guardando tanti ragazzi, nelle nostre città, schiavi del crack, mi ricorda tanto quel periodo. Ritengo che sia stato l’amore a salvarmi, attraverso parole adeguate di persone che mi sono state vicine… e anch’io vorrei trovare, attraverso la mia testimonianza, le stesse parole, verso chi vive un disagio, qualunque esso sia.
Il suo cammino è stato difficile ma anche pieno di forza e speranza. Qual è il messaggio che più di ogni altro spera possa arrivare ai lettori?
Il messaggio che desidero che arrivi ai lettori è sicuramente quello di non stancarsi mai di utilizzare parole verso chi vive nelle difficoltà. Anche San Patrignano nelle mie crisi di astinenza mi è stata vicino con la sua voce… nonostante ero sordo! Si perché a un certo punto della mia vita, quelle stesse parole, sono riemerse e sono riuscito finalmente a sentirle per metterle in atto. A chi combatte la propria battaglia vorrei dire che un bambino di 13 anni e di soli 29 kg è uscito dalla droga…quindi perché non dovreste farcela voi che siete molto più forti di un bambino gracile?
Cosa sente di dire a chi sta leggendo, per sottolineare l’importanza di un aiuto concreto, di una comunità che sostenga chi sta combattendo contro la dipendenza?
Dico di non scoraggiarsi mai, di accettare l’aiuto che viene rivolto da persone competenti e soprattutto di non demordere mai, perché dalla dipendenza si può uscire. La persona “dipendente” ha bisogno di essere compresa, sostenuta e non colpevolizzata. Aiutalrla sempre nel farla riflettere sulla sua situazione patologica ma senza essere intrusivi. Accendere la speranza di cura e di superamento della dipendenza, comprendendo quali sono le idee dominanti e i pensieri disfunzionali. Essere presente, dimostrando che si è disposti ad aiutare per superare la dipendenza.
C’è qualcosa che le piacerebbe dire a se stesso, al Marcello di tredici anni che è arrivato a San Patrignano?
Si a Marcello di 13 anni vorrei dire che è stato bravo ad uscire dalla droga, bravo anche a dare agli altri l’amore che ha ricevuto. Però direi anche che non è stato bravissimo ad ascoltare fino in fondo i consigli di San Patrignano perché avrebbe evitato sicuramente altri errori, ma forse era troppo piccolo per capire tutto!

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