Intervista a cura di Maria Laura Zazza

Mabel Morri con oltre trent’anni di esperienza nel fumetto è una delle figure più interessanti del panorama italiano. In questa intervista esclusiva, la redazione di Voci di Domani esplora la sua carriera e alcune curiosità dietro le sue opere. La fumettista ci svelerà il suo percorso artistico, le sue ispirazioni e le sfide affrontate, offrendo uno spunto unico per comprendere come il fumetto si sia evoluto in potente mezzo di comunicazione.

Tra i suoi lavori più recenti, spicca il Graphic Novel Cile: da Allende alla nuova costituzione, pubblicato da Becco Giallo. Il reportage a fumetti, scritto dalla giornalista Elena Basso con prefazione di Roberto Saviano e patrocinato da Amnesty International, racconta la storia del Cile, dalla dittatura di Pinochet alla lotta per la giustizia e la libertà.

Buonasera e grazie per voler condividere con la redazione di Voci di domani alcuni approfondimenti sulla sua carriera come fumettista. Cosa l’ha motivata a intraprendere questo lavoro e quali sono stati i suoi primi passi nel settore?

Ero una bambina: oltre ai fumetti di Topolino e altri da edicola, leggevo Il Giornalino. Dentro, c’era un mondo. Alcuni dei migliori disegnatori e sceneggiatori che disegnavano e raccontavano l’”avventura”, quella di una volta. Disegnatori come Gianni De Luca, Hugo Pratt o Ferdinando Tacconi, tra i tanti, li si poteva leggere con 1.300 lire in una rivista di fumetti. Fu quando uscì l’adattamento a fumetti de La Freccia Nera di Robert L. Stevenson, disegnato da De Luca, a puntate sul Giornalino, che per la prima volta mi dissi: un giorno, voglio disegnare bene come G. De Luca, un giorno, sarò brava come lui. E racconterò storie belle come queste.

Ho iniziato a pubblicare quando ero ancora alla Scuola del Fumetto di Milano, in via Savona: cercavano disegnatori per illustrazioni, scelsero me. E poi la mia prima fanzine, le prime fanzine in raccolta, Plastilina, della neonata Casa Editrice Indipendente Studio Monkey, fondata da me e altri colleghi della Scuola. Eravamo giovanissimi: volevamo ribaltare il mondo.

Da allora e dall’illuminazione di G. De Luca, ho sempre disegnato, studiato, ricercato la mia linea, il mio segno, le mie storie. Con tutte le modifiche della vita.

Esistono temi o messaggi ricorrenti che affronta nelle sue opere?

Sicuramente le donne. Ho sempre raccontato di donne.

All’inizio soprattutto in storie LGBT – come nella mia fanzine Hai mai notato la forma delle mele? il cui numero 8 è uscito per Oblò APS nel giugno 2022,- oggi, sarà l’età, non lo considero più un elemento di “interesse” nelle mie storie: ci sono e basta.

Il calcio. Calcio femminile, calcio in generale. Una mia storia, dal titolo Fino a qui tutto bene uscito all’epoca con la Self Comics, tentava di raccontare l’adolescenza anche nella scelta di lasciare la danza classica per il calcio.

E poi, in questa seconda fase della mia carriera, sicuramente il valore dell’antifascismo, molte mie storie oggi raccontano di diritti, di Costituzione, di lotta, è un fumetto più sociale.

Probabilmente ho perso quella freschezza degli inizi, ma sono anche una Mabel diversa, più consapevole, più matura, più decisa.

Nel 2023, insieme alla giornalista Elena Basso, ha pubblicato il Graphic Novel Cile: da Allende alla nuova costituzione. Potrebbe parlarci di questa sua opera e del suo significato?

Devo ringraziare Elena che mi ha cercata per questo reportage a fumetti e la Becco Giallo Editore per aver creduto fortemente in questo progetto. Cavalcando l’onda della ricorrenza dell’11 settembre 1973-2023, del golpe cileno, Elena ha voluto raccontare il Cile di oggi, le mobilitazioni dei giovani e dei movimenti nel 2019, di quanto costi fare una rivoluzione e di cosa significhi crescere in una paese che ha ancora la Costituzione del regime di Pinochet. E’ come se in Italia avessimo ancora le leggi fascistissime e quelle razziali.

Il reportage racconta proprio di diritti negati, di disuguaglianza, di un paese che sembra sia una perla del Sudamerica e invece è un paese spaccato, dove chi ha di più mangia su chi ha meno. Come progetto risultava fin dalla prima stesura molto nelle mie corde, molto di ciò che oggi voglio raccontare col mio lavoro di disegnatrice.

Con Elena poi, stiamo tornando con un altro fumetto, questa volta sul Perù.

In che modo ritiene che il fumetto possa rappresentare uno strumento potente per raccontare storie rilevanti a livello sociale o culturale?

Lo è sempre stato. Se penso alle storie di Andrea Pazienza nella Bologna del 1977, un fumetto come Pentothal, è seminale. Pompeo anche, per chi come me ha accarezzato e attraversato quel periodo lì, quello dell’eroina (ho conosciuto persone morte per overdose) e di come persone che frequentavano la mia scuola potessero essere eroinomani, Pompeo fa capire cosa fosse quella dipendenza.

L’Eternauta, per esempio, col fumetto racconta il regime, che lo sceneggiatore Oesterheld con la sua famiglia scontò in quanto fu un desaparecido.

Maus di Art Spiegelman, la genialità nel raccontare l’Olocausto.

V per Vendetta o anche Watchmen scritti da Alan Moore, altro genio: V per Vendetta sembra il mondo di oggi.

Sono fumetti potentissimi. Il fumetto è sempre stato un linguaggio straordinario per raccontare, raccontare la Grande Storia, la finzione, tutto.

Per dire, anche Dylan Dog ha storie fondamentali e, nei limiti di quello che è come prodotto fruibile da edicola e apparentemente di facile lettura, ha descritto il mondo in un certo tempo.

C’è un personaggio o una narrazione che ha creato e che considera particolarmente rappresentativo del suo vissuto e delle sue esperienze personali?

C’erano. Le mie ragazze, le chiamavo. Mi ero creata una Rimini, città nella quale sono nata e cresciuta e nella quale ho vissuto fino al 2013, con queste ragazze che erano un po’ tante persone che incontravo, un po’ di me, e le loro storie sono sparse in tantissime storie brevi pubblicate negli anni, in riviste che non esistono più o antologie.

Poi, sono cresciute con me e le ho lasciate andare. Non avevamo più nulla da dirci.

Oggi non le disegno più. Ho questo progetto Volevamo essere le Spice Girls che sto portando avanti, tra commissioni e lavori vari, che è la mia Recherche. O La Generazione Corinaldo, sui giovani delle nuove generazioni, una generazione, soprattutto quella nata nel 2004 che, negli anni fondativi del liceo, ha vissuto diverse tragedie, tra cui il lockdown. Gli effetti non credo li abbiamo ancora visti del tutto e sono preoccupanti.

Sulla narrazione, si prende sempre un po’ da ciò che si vive, credo poi di aver assimilato un certo tipo di cinema e di letture (Carver e Proust, per esempio, soprattutto agli inizi) oltre che fumetto: da lì sempre una ricerca, mi ostinavo ad avere un mio modo di raccontare, un mio stile.

Oggi mi rendo conto che tanti processi della lavorazione di un fumetto sono meccanici e la poesia del gesto è una vibrazione che sento ogni tanto: e mi riempie. Spero di non perderla del tutto.

C’è una responsabilità etica per gli artisti di fumetti nel trattare argomenti politici? Qual è la sua opinione a riguardo?

Per quel che mi riguarda, assolutamente. E’ fondamentale, perché il fumetto è un’arte alta, e come tale, muove, sposta, crea cultura, dibattito, riflessione. Zerocalcare ne è un esempio brillante.

Ma è una mia opinione. Ci sono tantissime e tantissimi disegnatori che non penso siano indifferenti, semplicemente usano il fumetto come lavoro, raccontano storie di intrattenimento o di argomenti di moda in quel momento.

Per carità, su commissione lo faccio anche io, ma sono i progetti con un messaggio politico allineato al mio che riesco a mettere la Mabel che sono oggi. Sono ritornata in piazza, mi sento colpevole nei confronti dei miei nipoti per non aver potuto fare di meglio, stiamo lasciando loro un mondo malconcio, una democrazia in bilico, diritti spesso negati. Provo, lo faccio anche col mio lavoro, essere militante. Quando saranno grandi e mi chiederanno cosa ho fatto per cambiare le cose, potrò dire poco, ma che ci sto provando. Sono Presidente di sezione dell’ANPI Senigallia, credo nella Costituzione antifascista. Ci sto provando.

Come valuta l’evoluzione del fumetto nel tempo, in particolare riguardo al ruolo delle donne in questo settore?

Mi piace pensare – ogni tanto mi crogiolo in questo pensiero più nei momenti difficili, poi passa -, di aver, nel mio piccolo nel mondo del fumetto, contribuito a vedere tante ragazze e donne che scrivono e disegnano. Penso possa aver aiutato anche essere “la prima”, a volte. La prima che raccontava un certo tipo di storie, la prima donna ad aver ricevuto, per dirne una, il Premio Micheluzzi Nuove Strade al Comicon del 2004, premiata da Vittorio Giardino e Milo Manara. Quindi riuscire a bucare quella bolla maschile, quei pregiudizi, penso siano stati passi importanti per le donne tutte. Poi certo, c’è stato anche un momento storico favorevole a questo passaggio, di cui io ho fatto parte.

Che adesso ci siano tante donne è bellissimo. Era anche ora.

Era anche ora che il fumetto diventasse fluido e ancora più innovativo.

Era ora.


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“L’arte di scriver storie sta nel saper tirar fuori da quel nulla che si è capito della vita tutto il resto; ma finita la pagina si riprende la vita e ci s’accorge che quel che si sapeva è proprio un nulla.”

Italo Calvino

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