In Trilogia di New York di Paul Auster sono presenti tre “detective-stories” ambigue e avvincenti ambientate in una labirintica New York, un «nessun luogo» dove ci si può ritrovare come perdersi per sempre. In questo spazio enigmatico, i protagonisti si muovono conducendo indagini che non seguono le regole del giallo tradizionale, ma si snodano in direzioni imprevedibili, esplorando il confine tra realtà e finzione.
Con queste tre storie, Auster affronta temi come l’identità, la sua frammentazione e il suo smarrimento, e con esso anche la perdita della fisicità stessa. Lo fa in un modo così suggestivo che il lettore stesso può sentirsi spaesato, intrappolato nei meandri della narrazione.
Leggere questo libro è stato come salire su una montagna russa: alcune frasi mi hanno lasciata a domandarmi se ciò che leggevo fosse reale o frutto di un inganno narrativo.
Tra i tre racconti, Città di vetro e La stanza chiusa sono quelli che ho trovato più coinvolgenti e ben costruiti. Fantasmi, invece, mi è sembrato meno incisivo, più lento e meno coinvolgente, anche se non si può negare la sua complessità e coerenza tematica. Una delle caratteristiche più affascinanti del libro è l’ingegnoso modo in cui Auster gioca con la struttura della narrazione. L’autore diventa personaggio, omonimi dello scrittore compaiono nei testi, creando così un gioco complicato tra autore e storie, tema ricorrente lungo tutto il libro, esplorato attraverso i personaggi stessi o alcuni dialoghi come quello su Don Chisciotte in Città di vetro.
Questo libro si distingue anche per la sua attenzione particolare al linguaggio: ogni parola sembra scelta con cura, ogni frase costruita per aggiungere un nuovo livello di significato. È una lettura che, a mio parere, richiede lentezza e concentrazione per coglierne tutte le sfumature e seguire i sottili collegamenti tra le tre storie, che condividono ambientazioni, oggetti ricorrenti e nomi comuni, creando un’unica grande opera.
Tuttavia, devo ammettere che, arrivata alla fine, ho percepito un senso di incompiutezza, come se mancasse qualcosa per rendere davvero memorabile l’esperienza. Non è un libro perfetto, né lo consiglierei a chi si avvicina per la prima volta a Paul Auster. Ma è un viaggio unico, stimolante ed enigmatico, che vale la pena intraprendere per chi già conosce e apprezza l’autore.
Libro consigliato da Silvia lostinpaperworlds

Una replica a ““Trilogia di New York” di Paul Auster, un viaggio enigmatico nel labirinto della mente e della parola”
Bellissima recensione 🥹
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