Solitudini, Campi di carta (20 aprile 2004)

Intervista all’autore

Buongiorno Marcello, come nasce la raccolta di racconti Solitudini?

Dopo sette romanzi ho voluto cimentarmi con i racconti, anche per capire se la mia scrittura è adatta a questa forma narrativa. L’idea parte da lontano, tant’è vero che ho inserito nella raccolta scritti di alcuni decenni fa, quando l’idea di una pubblicazione era quanto di più lontano potesse esistere. La spinta alla realizzazione me l’ha fornita Andrea del Monte che, per la realizzazione della sua opera “Rebus Banksy” del 2023 ha “commissionato” 10 tra racconti e poesie ad altrettanti autori. Sono così finito in compagnia di scrittori famosi come i due premi Strega Antonio Pennacchi e Vivian Lamarque e altri autori come Antonio Veneziani e Susanna Schimperna. Per me è stato un onore partecipare e scrivere “La madonna con la pistola” che apre anche la mia raccolta appena pubblicata.

Qual è stata la sfida più grande che hai affrontato nel passare dal romanzo al racconto?

In Italia il racconto, direi decisamente a torto, è stato relegato fra le forme letterarie minori. Eppure si potrebbero fare i nomi di decine di grandissimi autori di racconti: Kafka, Hemingway, Tolstoj, Cechov, Gogol, Cortazar, Salinger, Barthelme, Cheever, Čechov, Poe, Borges, Saki, Munro, Saunders solo per citarne alcuni. E aggiungere ancora autori italiani come Calvino, Levi, Buzzati…  I racconti, come la poesia, “vendono meno” e questo è un grande pregiudizio, ma all’estero non è così. Di chi è la colpa? Io la distribuirei fra tutti gli attori: dagli editori che preferiscono pubblicare romanzi, alle librerie che non amano proporli, dai festival e premi che preferiscono riconoscere “maggiore” qualità a romanzi e saggi, ai lettori poco preparati, agli scrittori e alle scrittrici con poco coraggio. Già, coraggio, perché scrivere racconti è più complesso rispetto ai romanzi.

Quanto della tua vita entra nei racconti che scrivi? Hai mai trovato difficile separare la tua esperienza personale dalla narrazione letteraria?

Moltissimo della mia vita entra in ciò che scrivo. Spesso mi nascondo dietro ai miei personaggi, siano essi protagonisti o figure minori, perché questo è concesso a chi scrive romanzi o racconti. Per tale ragione, non avendo questa medesima possibilità, i poeti spesso sono “nudi” di fronte al lettore e per questo va loro riconosciuto del coraggio. Tornando alla mia scrittura non ho mai trovato difficoltà nell’inserire la mia esperienza esistenziale nella narrazione, per tale ragione nelle pagine che scrivo spesso entro con tutto me stesso, sogni e incubi compresi. Diventa così possibile per il lettore di Solitudini riconoscermi in una molteplicità di aspetti: in una donna, una figura anziana, un giovane se non addirittura in un bambino. Ma accade anche che io sia albero, un animale o un robot. Nel mio romanzo Olmo (2022) l’io narrante è femminile e le protagoniste sono due donne, così per raccontare la loro storie ho dovuto calarmi nella psicologia femminile, cercando di ragionare come una donna.

La solitudine è il tema ricorrente che lega le storie che hai scritto. Quale messaggio emerge dalla raccolta?

Tutti soffriamo o abbiamo sofferto di solitudine. L’esperienza che ne deriva è forse fra quelle che maggiormente lasciano il segno nel corso della nostra esistenza. In questa mia ultima raccolta è la solitudine, narrata nei suoi molteplici aspetti, a fare da filo conduttore e i protagonisti dei vari racconti si ritrovano ai margini di un mondo che li respinge. C’è una solitudine lontana nel tempo, come nel caso de “Il cavaliere”, come pure lontana nello spazio: “L’accordatore” racconta del giovane Francesco che inventa uno strano marchingegno per catturare la musica delle stelle. Non esiste una solitudine, ma tante solitudini quanti sono gli esseri che vivono in questo momento, seppur parte di una sterminata umanità. Viene da pensare che esistano solitudini anche per gli esseri inanimati…

Hai in mente un pubblico specifico quando scrivi i tuoi racconti? In che modo consideri il lettore durante il processo di scrittura?

Quando scrivo non ho in mente un pubblico specifico, nel senso che non racconto storie pensando a chi le leggerà, ma devo avere gran rispetto del tempo del lettore, quello che dedica per leggermi: ho consapevolezza di essere suo ”ospite”. Forse anche per questo, ma non solo, i miei romanzi hanno un numero di pagine relativamente contenuto e la forma del racconto mi piace particolarmente come mezzo per raggiungere chi legge.

Quali consigli daresti a chi sta iniziando a scrivere racconti? C’è qualcosa che avresti voluto sapere quando hai iniziato?

Come ho detto prima chi intende scrivere racconti deve avere coraggio, andare fino in fondo    infischiandosene di ciò che si vende di più o di meno e soprattutto andando contro stupidi preconcetti frutto di ignoranza. Chi scrive racconti non prende una scorciatoia per il fatto di concentrare in un numero limitato di pagine ciò che vuole narrare, in realtà si inoltra per una strada molto difficile e tortuosa da percorrere, perché priva di parapetti o di vie di fuga. Non c’è spazio e tempo in un racconto per diluire il proprio pensiero, insomma per allungare il brodo.

Hai intenzione di esplorare nuovi generi o stili narrativi nei tuoi prossimi lavori?

Non importa il genere o lo stile, non conta servirsi del romanzo piuttosto che del racconto o, perché no, della poesia. Contano i contenuti. Io scrivo per raccontare storie. Se fossi nato una decina di secoli addietro mi vedrei come un cantastorie, un giullare medioevale che va di paese in paese, di piazza in piazza raccontando vicende reali, servendomi di personaggi usciti da leggende o semplici favole, trasformandoli poi in un patrimonio che in fondo renda la Storia più accessibile a tutti.

Biografia dell’autore

Marcello Loprencipe è consulente finanziario. Pioniere del football americano in Italia, ha ricoperto i ruoli di atleta, tecnico, dirigente e commentatore televisivo. Nel 2017 è stato inserito nella Hall of Fame Italy e dal 2021 è consigliere Coni Lazio. Laureato in lettere antiche con indirizzo archeologico, ha fondato e sostiene numerose associazioni no profit e iniziative di carattere culturale. Ha scritto sette romanzi e questa è la sua prima raccolta di racconti. Per La Città del Sole edizioni ha pubblicato Si era alzato il vento  (2010). Per Campi di Carta: Il Contanuvole (2012);  L’ombra del carrubo (2017);  Il venditore di ghiaccio (2019) Premio Città di Sarzana, Premio Equilibri Piazza Navona, Golden Books Awards, Premio Giovani Microeditoria, Premio Corona, Premio speciale Lord Byron, Premio Speciale Giuria Critica Un libro amico per l’inverno; Il furto degli ori – ladri in azione a Villa Giulia  (2020);  Olmo (2021) Premio Michelangelo Buonarroti, Premio Metropoli di Torino, Premio Città di Taranto; Rocco il giostraio  (2023). La copertina di “Solitudini” è stata realizzata dal maestro Massimo Mazzieri.


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“L’arte di scriver storie sta nel saper tirar fuori da quel nulla che si è capito della vita tutto il resto; ma finita la pagina si riprende la vita e ci s’accorge che quel che si sapeva è proprio un nulla.”

Italo Calvino

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